Goju Ryu Karate Do

KAMAE KATA

Nel “TACHI KATA” abbiamo analizzato l’insieme delle varie posizioni “ritte” del corpo, in se e per se. Nel “KAMAE KATA” le stesse sono presentate compiutamente essendo abbinate a particolari posizioni di guardia, delle braccia. Si prende confidenza con alcuni “KAMAE” sin dalle prime settimane di allenamento tramite il “KIHON IDO” (base in movimento): tra questi, SANCHIN NO KAMAE, HANKUTSU NO KAMAE, SHIKO DACHI NO KAMAE. Ad altri non è proficuo applicarsi prima di un maggior periodo di serio allenamento: esempio, RYU NON KAMAE, KURURUNFA NO KAMAE, TSURU NO KAMAE. Lo studio del “KAMAE KATA” costituisce il primo approccio, se vogliamo, alla tecnica del combattimento: questa volta sarà il principio “JU” pur coordinato con il “GO” ad avere una certa prevalenza… Nell’assumere le varie posizioni si sarà rilassati sia mentalmente che fisicamente per passare con elasticità e tempestività alle successive posizioni determinate dall’esigenza sempre mutevole della tecnica o del momento. Nell’applicazione del “KAMAE KATA” ci si sforzi di immaginare sempre presente e “reale” la figura di un avversario pronto ad approfittare di ogni nostro minimo errore o indugio. Si noti dalle foto che seguono come le posizioni delle gambe e delle braccia siano sempre simmetriche e coordinate; dalla posizione costante e convinta del “KAMAE KATA” il karateka arriverà dopo un certo tempo a realizzare il proprio “TOKUI KAMAE” (posizione preferita) che assumerà con naturalezza e spontaneità, amalgamando in essa la propria personalità ed il bagaglio della propria esperienza e maturità tecnica. Ci si potrebbe chiedere come mai l’uomo che è l’essere superiore del Creato si sia ispirato nell’elaborare tali posizioni di combattimento proprio all’atteggiamento di certi animali. Si è cercato di spiegare ciò affermando che l’uomo per natura è debole e indifeso ed avendo quindi bisogno di acquisire potenza si sia attenuto all’osservazione del comportamento di questi animali che tale potenza hanno innata ed esprimono nel loro atteggiamento esteriore. Concordiamo parzialmente con tale spiegazione; tuttavia riteniamo che il motivo principe vada ricercato nella considerazione dell’esigenza che gli animali hanno di combattere per la loro stessa sopravvivenza.




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